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Giovani imprenditori:
«un contratto che merita»
 
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Giovani imprenditori sempre più stranieri

di Guido Romano*

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Diversi studi recenti hanno messo in luce un'inaspettata capacità da parte di molte delle nostre imprese di reagire alla competizione globale e di adattarsi al nuovo contesto dei mercati mondiali. Queste analisi dimostrano che la nostra manifattura continua ad avere i suoi punti di forza nei settori tipici del made in Italy: le imprese di successo hanno resistito e, in qualche caso, cavalcato l'onda della globalizzazione, migliorando la qualità dei prodotti nell'ambito dei settori di pertinenza, aumentando la qualità e il valore dei beni commerciati grazie ad attività a monte e a valle della produzione in senso stretto come il marketing, la produzione "su misura", il design.

Minore è stata l'attenzione degli studiosi sul ruolo delle imprese nate in questa fase di profonda trasformazione e di selezione darwiniana. Quasi nulla l'attenzione sul ruolo degli imprenditori più giovani. Quante imprese sono state create dai più giovani? In quali settori, con quali caratteristiche? E quante sono riuscite in breve tempo a crescere per assumere la dimensione per affacciarsi sui mercati internazionali?
Il rapporto Cerved sull'imprenditoria giovanile nell'industria adotta una definizione piuttosto stringente e considera "imprese giovani" solo quelle costituite esclusivamente da imprenditori che non abbiano compiuto 35 anni al momento della nascita dell'impresa (dai titolari nel caso delle ditte individuali, dai soci nel caso delle società di persone e dagli amministratori nel caso delle società di capitale). Dagli archivi Cerved emerge che, tra il 2000 e il 2007, sono state costituite oltre 120mila imprese giovani, quasi il 40% del totale delle nate nella manifattura. Com'è naturale, la presenza di imprese giovani si riduce all'aumentare della complessità dell'azienda e delle risorse finanziarie necessarie per mettere in piedi la nuova realtà produttiva: sono imprese giovani il 48,6% delle ditte individuali, il 25,6% delle società di persone e il 21,9% delle società di capitale create nel periodo di osservazione.

Prevedibimente, l'incidenza di imprese giovani tra le nuove nate è minore nei settori di scala a maggiore intensità di capitale, che richiedono onerosi investimenti iniziali. Le scelte imprenditoriali degli under 35 sono comunque nel segno dalla tipica tradizione del made in Italy: la presenza di imprese giovani è particolarmente elevata nell'alimentare, nelle industrie del legno e dei mobili e, per le società di capitali, anche nel tessile e nella moda. Da un punto di vista geografico, quote più elevate di imprese giovani si registrano nelle regioni del Mezzogiorno. Il fenomeno non si limita alle società di persone e alle società di capitali, per le quali sono previste nel Sud agevolazioni pubbliche (come il prestito d'onore) che hanno l'esplicito obiettivo di finanziare la creazione di imprese costituite dai giovani, ma si estende anche alle ditte individuali: in Campania, in Calabria, in Basilicata, in Puglia e in Sicilia una percentuale superiore al 55% delle nuove ditte individuali sono costituite da under 35, contro una media nazionale del 48,6 per cento. L'alta presenza dei giovani coincide però nel Sud con indici d'imprenditorialità storicamente molto bassi: in altri termini, nel Mezzogiorno nascono poche imprese, ma tra quelle vi è un contributo dei giovani maggiore rispetto al resto dell'Italia.

Dal rapporto emerge chiaramente, per tutte le forme giuridiche considerate, una progressiva e marcata riduzione dell'imprenditoria giovanile nell'industria: tra il 2000 e il 2007, la quota di imprese giovani sulle nuove nate si è ridotta dal 53,6% al 41,2% per le ditte individuali, dal 27,2% al 20,5% per le società di persone e dal 23,4% al 19,3% per le società di capitale. Il calo dell'imprenditoria giovanile è coinciso con una crescita rapida e strutturale dell'imprenditoria straniera, specialmente nelle forme giuridiche d'impresa più semplici, che ha contribuito significativamente a frenare il calo di natalità tra le imprese giovani dell'industria. Tra il 2000 e il 2007, la percentuale di nascite di ditte individuali giovani non italiane è aumentata continuamente, passando dal 12,8% al 30,4%, con il risultato che nel 2007 è più frequente che una nuova ditta sia costituita da un imprenditore nato al di fuori dell'Italia piuttosto che da una donna (28,5%).
In generale, le imprese costituite da imprenditori under 35 non evidenziano tassi di mortalità molto superiori rispetto alle altre imprese; anzi, tra le società di capitale, i tassi di sopravvivenza delle imprese giovani sono superiori rispetto a quelli generali. I dati di bilancio forniscono preziose indicazioni sulle performance e sulle caratteristiche delle società di capitale giovani nate dopo il 2000: si tratta prevalentemente di microimprese dal forte carattere familiare, in cui è molto frequente il caso di figli d'imprenditori che decidono di mettersi in proprio sfruttando l'esperienza accumulata nell'azienda di famiglia.

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